giovedì 2 maggio 2013

Pensieri da bus

Ogni giorno,
mattina quasi alba,
umido.
Nei venti minuti di viaggio
c'è un momento in cui il sole,
quasi d'improvviso,
inizia a scaldare i pensieri ancora aggrovigliati,
e lo fa sempre, un po'arrogante.

E allora le mani.
Mani anziane che gesticolano.
Quasi non vedi nient'altro muoversi.
Se guardi con attenzione,
ogni paio di mani ha il suo vocabolario,
costruito con l'esperienza, col tempo, con le albe.

E lì,
mi perdo.

giovedì 2 luglio 2009

Aurora i araucanìa


Por entre dos altisimos ejidos

la esposa de Titòn ya parecìa,

los dorados cabellos esparcidos

que de la fresca gelada sacudìa,

con que a los mustios prados florecidos

con el humido humor reverdecìa,

y quedaba engastado asì en las flores,

cual perlas entre piedras de colores.


Alonso de Ercilla "La araucana"

1569

Abissi e turbini di pensieri


Ho appena finito una discussione, dai toni mantenutisi tenui, con un ragazzo figlio di pinochetisti, nonni militari e tutto quanto. Lui sonstiene di non essere né da una parte né dall'altra, ne credente né ateo, ma agnostico, insomma né carne né pesce. Ma non è questo che mi ha sconvolto.
Gli ho chiesto: ma tu cosa ne pensi di questa nostra generazione senza più ideologie, senza credenze né concetti che permettano una visione olistica del mondo?
E lui ha sorriso, e èroprio felice mi ha detto: mi sembra una cosa magnifica, spettacolare. Io ho i miei valori e indiviadualmente li porto avanti, sono vegetariano, ieri sera mi sono fermato a offrire un succo a una vecchietta che chiedeva soldi in metrò, e mi sa sentire bene, ma non imporrei a nessuno di condividerli. Se uno si voglia comportare di merda che lo faccia. Me incanta poter dire un giorno di aver fatto parte di quella generazione che non ha creato niente, che ha mandato a farsi fottere tutti i valori tradizionali, che non ha bisogno di credere in nulla se non nelle capacità dell'individuo. E neanche questo mi ha sconvolto, ho continuato a ribattere convinta.
A questo punto gli ho risposto coi fiocchi, insomma, credo, anche con dei buoni argomenti, e ci siamo divertiti entrambe ad addentrarci in questa assurda discussione, fatta in un baretto poco illuminato su una spoglia arteria a sud di Santiago, bevendo Escudo a 1200 pesos, dove il rumore del traffico si mescolava a quello di una pioggerellina, anche lei senza alcun valore. Poi prendiamo la metro, e mi dice che lui senza televisione non può stare, che in casa sua ce ne sono 4, e ognuno, la sera, i guarda la sua. Mi dice che lui riesce a lavorare al suo piccì solo con la tv accesa, e magari anche la musica. Mi dice che il silenzio lo disturba, lo distrae. E iniziamo a parlare di quali siano le teleserie più belle: Dr House, i Simpson, Friends...E neanche questo mi ha sconvolto.
Poi scende a qualche fermata prima della mia, e io rimango contenta d questa discussione con qualcuno con convinzioni tanto lontane dalle mie.
E a un certo punto, tra la fermata Plaza des Armas e Santa Ana, mi passa un cazzo di pensiero in testa: ma io, con tutte le mie belle parole, in cosa essenzialmente sono diversa da lui? Solo nel fatto che lui se la vive bene e io percepisco questo vuoto generazionale come un peso invece che come un aleggerimento? E allora l'abisso del dubbio mi ha fatto sentire parte come non mai di quell'europa decadente che ho lasciato a qualche ora di volo di distanza. E l'abisso si è aperto, nero, invitante, sotto di me.
A quale ideologia universalizzante possiamo aggrapparci? Riusciremo a inventare qualcosa dii nuovo prendendo le giuste distanze da queste ideologie binarie e agonizzanti?

lunedì 2 febbraio 2009

Eppur si parte

Leggerezze adrenaliniche che si fanno lontane tra sparvieri di sogno mentre la pesantezza del quotidiano ti si attanaglia ai piedi, tirandoti giù dai tuoi voli pindarici come un macigno mafioso in odore della nerovestita.
L'umano e il sovrumano si fondono a volte, ma il velo di maya è scomparso, dimenticato in soffitta tra libri e bauli polverosi di ricordi d'infanzia, purtoppo.

lunedì 1 dicembre 2008

un articolo un po' sconclusionato...datemi dei pareri sinceri!



In ogni viaggio degno di questo nome cambiano non solo gli orizzonti su cui poggiamo lo sguardo, ma i nostri stessi occhi.
Questo è stato particolarmente vero, per quanto mi riguarda, per il breve eppure intensissimo viaggio in Bosnia. Otto volontari su un pulmino bianco, un camion di aiuti giallo e rosso.
Non penso di avere lo spazio sufficiente per raccontare ogni incontro, ogni sguardo, ogni rapporto che si è rafforzato o creato attraverso l’associazione Oltre i Confini, ogni luogo visto vissuto e assaporato.
Mi limiterò quindi a dare una panoramica generale delle mie personali sensazioni e impressioni.
Ho passato le due settimane precedenti alla partenza a studiare, documentandomi per quanto mi fosse possibile su quell’incredibile intrico che sono i Balcani . Intrico religioso, etnico, territoriale, politico, economico. Intrico di interpretazioni divergenti, dissonanti della storia.
Intrico che ha dato vita a una convivenza ricchissima tra culture diverse, ma anche allo spargimento di sangue più grande che abbia visto l’Europa dalla fine della seconda guerra mondiale.
Abbiamo attraversato valli incantevoli dove tutto questo sembra lontanissimo, ma a uno sguardo consapevole non potevano sfuggire i cimiteri che punteggiano il paesaggio e i fori di proiettile ancora visibili sulle case. Mi è sembrato impossibile che tanta bellezza avesse potuto ospitare tanto odio.
Sapevo poco sull’associazione Oltre i Confini. Sono rimasta a dir poco piacevolmente sorpresa. E’ una modalità di intervento che ho amato e condiviso da subito. Un approccio poco invasivo e di scambio per quanto possibile equo di esperienze e conoscenze. Un profondo rispetto che non ha nulla a che vedere con la pretesa superiorità, spesso velata, di molte istituzioni o associazioni umanitarie. La ferma volontà di seguire progetti a lungo termine, la pazienza di seguirne passo a passo lo sviluppo. E soprattutto l’instaurazione di relazioni durature, una continuità nei rapporti umani che va al di là dello scambio puramente materiale.
A questo riguardo vorrei riportare il racconto che Branko, direttore dell'orfanotrofio Dom Porodica di Zenica, ci ha fatto riguardo alla storia della sua struttura e ai rapporti con Oltre i Confini, perchè credo sia esemplare e permetta di cogliere il senso di questo viaggio meglio di tutte le mie parole.
Io avevo 25 anni quando ho aperto l'orfanotrofio, nel 1980. La situazione allora era perfetta: i fondi erano interamente statali e permettevano una qualità molto alta. Eravamo all'avanguardia anche rispetto agli standard europei. Molte le figure professionali (educatori, psicologi, assistenti sociali, medici) che seguivano i bambini. Ne ospitavamo circa 200, per ogni appartamento 12 bambini che vivevano con l'educatore. Una volta usciti dalla struttura venivano seguiti nell'inserimento nel mondo del lavoro, non c'erano problemi di finanziamenti allora... Non che io rimpianga il socialismo!
Durante la guerra la struttura è stata usata per ospitare profughi, mancava tutto...
Una volta finita, abbiamo dovuto riabilitare la struttura per ospitare bambini, che erano 96, paradossale rispetto ai 200 del pre-guerra, ma lo stato sfasciato non aveva la possibilità di seguire il progetto.
In questa fase è stato fondamentale l'aiuto di Oltre i confini, innanzitutto per soddisfare i bisogni elementari. Ho apprezzato molto la modalità del loro aiuto. Anche attualmente molti contatti in Europa e in America ci dicono come dovremmo gestire il progetto, come fare le cose e così via, ma noi già nell'80 le facevamo!!! Non avevamo niente da invidiare agli standard europei. Invece Oltre i Confini vede il nostro progetto, gli piace e non cerca di imporre un suo modello operativo, ma semplicemente ci chiede di cosa abbiamo bisogno per portarlo avanti da noi.
Oggi in Europa c'è questa tendenza crescente ad eliminare strutture di questo tipo per puntare sull'affidamento, e anche i finanziamenti da parte delle associazioni umanitarie vengono dati a progetti di affidamento. Ma in paesi ancora disastrati dalla guerra le famiglie prendono in affido i bambini soprattutto per avere il sussidio, non per dare al bambino l'affetto che merita. Una volta dati in affidamento poi non c'è controllo, non vengono seguiti. Ho visto situazioni di questo tipo in romania, per esempio.
Quello che non sopportiamo è che arrivino gli europei e cerchino di insegnarci come si deve convivere tra croati e musulmani, ci insegnano l'acqua calda!!! Noi abbiamo vissuto insieme almeno 60 anni! Mia moglie è musulmana! Prima non c'era alcun problema, adesso invece a lei servono 5 giorni per avere un visto per Trieste, che io, inquanto croato, posso ottenere subito...
E' una ferita profonda da rimarginare. Oggi la differenza si sente. Se un gruppo di musulmani parla e arriva un croato, i discorsi cambiano...E' una cosa lunga.
Questa lacerazione profonda io ho potuto appena percepirla, non avrei mai compreso appieno se non attraverso l'incontro di persone come Branko, che hanno nonostante tutto il coraggio di raccontare e rivangare quella storia, e la pazienza di raccontarla a noi, che tutto sommato non possiamo che essere interiormente dei bambini, rispetto all'esperienza che ogni bosniaco ha dovuto vivere.
A pensarci bene siamo noi che abbiamo bisogno del loro aiuto. Che si debba imparare dalla storia è una frase fatta, che spesso viene pronunciata con superficialità, ma dovremmo avere tutti l'umiltà di leggere quello che accade qui con un minimo di sguardo critico, con quel po' di distacco che è possibile solo attraverso l'elaborazione del presente attraverso l'esperienza di coloro che hanno vissuto la sua degenerazione nel passato. Accenni di razzismo, di xenofobia sono tutto intorno a noi.
Oggi in Bosnia i bambini croati serbi e musulmani sono tenuti distanti tra loro già nelle scuole, siamo sicuri che qui in Italia vogliamo fare delle classi separate per i bimbi figli di migranti?
Proprio sull'integrazione tra le etnie nelle scuole lavora l'associazione SESAM. Emir e i suoi collaboratori, che abbiamo incontrato a Zenica, e coi quali avrei continuato a parlare per ore, hanno iniziato già nel '95 a seguire i bambini traumatizzati dalla guerra, da allora i bambini coinvolti sono stati 775 nella Rep. Srbska e 3291 nella Federazione. Oltre a questo hanno lavorato per il miglioramento dei problemi di comunicazione e per favorire il processo della pace nelle scuole, con diversi progetti. Ma anche in questo caso preferisco riportare direttamente le loro parole. Emir ha uno sguardo intenso, penetrante, un'espressione seria, quasi cupa, ma mai tesa. Dà immediatamente l'impressione del profondo impegno, del coraggio e della tenacia. Mi ha molto colpito.
"Abbiamo molti problemi per i finanziamenti, dal ministero dell'istruzione non arriva nulla, la politica attuale non si occupa di progetti di questo tipo, a lungo termine, difficili.
Possiamo imparare a vivere insieme e possiamo imparare a perdonare. Lavoriamo sulla formazione degli insegnanti, perchè riflettano sul passato e possano lavorare davvero per la pace nelle loro classi.
Di nostra iniziativa siamo andati in territorio serbo, a offrire questo progetto. E noi siamo musulmani di Zenica. Abbiamo detto loro: "vogliamo lavorare con voi". Non è stato affatto semplice. C'era un misto di sfiducia e paura da parte loro. C'è voluto molto tempo per poter arrivare a parlarsi senza esitazioni, senza paura nè insicurezze.
Ci sono sempre molte resistenze ad affrontare il passato. Se agli insegnanti domandiamo:"volete lavorare per costruire la pace?" rispondono:"DA"(sì) senza esitare. Se invece chiediamo:"volete lavorare sul rapporto col passato?" allora la risposta è "NE" (no)."
Il volto serio di Emir si è sciolto in un sorriso solo quando gli abbiamo comunicato che Oltre i Confini avrebbe contribuito con aiuti finanziari da subito, di lì a due settimane sarebbe arrivato il primo assegno. La loro associazione rischiava di chiudere per mancanza di fondi.
Mi è venuta la pelle d'oca: possibile che proprio la tipologia di progetti che sarebbe più indispensabile sia anche quella più ignorata?Lasciati soli con le loro convinzioni? Mi sono sentita orgogliosa di aver in qualche modo fatto sentire loro, anche solo con la mia presenza, che in qualche modo non sono soli, che apprezziamo il loro lavoro e li stimiamo per quello che fanno. E il sorriso di Emir è stata la ricompensa più grande, ha annullato di colpo la fatica per le ore di viaggio e le levatacce mattutine.
Non credo di dover aggiungere molto altro, se non forse un consiglio a tutti quelli che ne hanno la possibilità di fare questa esperienza. Non tanto e non solo per aiutare la Bosnia, ma soprattutto per ampliare le vedute sul nostro presente, individuale o nazionale che sia.

giovedì 13 novembre 2008


Insomma, non c'è niente da fare.

In questo momento la pioggia si adatta all' instabilissimo umore come non mai.Come un suono sordo dal fondo dello stomaco che non smette, goccioline finissime e fastidiose di...non so che...viscido, opaco si attaccano e trattengono il mio mare nel cielo plombeo.

lunedì 20 ottobre 2008

INTRICO CURIOSITà E INADEGUATEZZA(mia)

INTRICO, matassa aggrovigliata senza alcun bandolo da trovare?

Impronunciabilità, fascino, storia profonda, alba dei tempi. Memorie incrociate, memorie spezzate, discordanti. Propaganda, smarrimento, orgoglio.

Riuscirò a capirci qualcosa?

L'importante è tuffarsi, dico io.